SHARON TATE, LA STELLA CHE CONTINUA A SPLENDERE

In questi giorni impazza la Tarantino Mania con un folto palinsesto sui canali della pay tv, il 1° maggio scorso è andato in onda in prima visione per il piccolo schermo “C’era una volta a… Hollywood”, film destinato sempre più ad essere reputato un capolavoro. L’omaggio immenso alla storia del cinema da parte di uno dei più formidabili registi che ha segnato un’epoca e un marchio di fabbrica originale, riconoscibile ed emulato da altri colleghi che vedono in Quentin Tarantino il loro mito, eroe d’infanzia, è anche l’omaggio a una modella e attrice emergente, con il potenziale di chi avrebbe potuto ulteriormente segnare un’epoca e fatto sognare intere generazioni.

Sharon Tate non era soltanto la moglie di Roman Polanski e ricordarla con questa sorta di “etichetta” è un infelice sminuimento di una figura che già diventava preminente nei concorsi di bellezza vinti e nelle prime prove di recitazione tra piccolo e grande schermo.  In “Per favore, non mordermi sul collo!” conobbe il regista polacco naturalizzato francese; “The Wrecking Crew”, commedia d’azione intitolato per l’Italia “Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm”, verrà ricordato per essere stato il suo ultimo film a soli 26 anni (“Una su 13” uscì postumo).

In quella tremenda notte tra l’8 e il 9 agosto, Sharon Tate era all’ottavo mese di gravidanza, quando quattro membri della Famiglia Manson, comune hippy criminale del deserto della California guidata dal folle criminale Charlie Manson, fecero irruzione nella sua villa situata al 10050 Cielo Drive, presso il Benedict Canyon, sulle colline di Bel-Air, nella contea di Los Angeles. A farle compagnia, tre amici ai quali lo stesso Polanski si era raccomandato di non lasciarla sola durante il suo soggiorno in Europa per girare un film. Tutti e quattro, più un ragazzo diciottenne che si trovava in zona, non ebbero scampo di fronte alla furia della suddetta setta. Tate subì 16 coltellate, tre furono fatali. Lei stessa supplicò gli assassini di farla vivere altre due settimane, giusto il tempo di partorire quel bambino – del cui sesso non era a conoscenza – che avrebbe dovuto chiamarsi Paul Richard.

Manson fu il mandante di quell’eccidio, due mesi più tardi diversi componenti della Famiglia furono arrestati. Il loro capo fu condannato a morte, pena commutata in ergastolo. La vita di Sharon terminò in quella notte stregata, oggi avrebbe 77 anni. In quel 9 agosto 1969 l’America e il mondo intero, scossi dalla strage efferata che si era consumata,  perse sì una delle novità più promettenti di Hollywood, ma soprattutto una bellissima principessa intenta a sognare, godersi la fama e il successo di quel momento, quale antipasto di ciò che ora possiamo solo immaginare potesse essere, ma non sarebbe mai accaduto.

Era una principessa, appunto, ma non una Barbie. E il suo futuro si era incanalato verso la vita di una favola a lieto fine con accanto Polanski. Venne definita la regina delle orge in quel di Hollywood, ma erano soltanto calunnie, al punto che suo marito smentì tutto in una conferenza stampa indetta quasi frettolosamente, prima che altre etichette le venissero accostate. La sua grazia era innata, in bellezza brillava di luce propria, l’amore la rendeva ancor più raggiante. Cercava il successo, ma non era più una priorità quando seppe di essere incita. E chissà cosa sarebbe diventata in quella Hollywood che stava cambiando in un modo forse troppo repentino.

La sua stella si protrae nel suo splendore grazie al contributo di Tarantino nel suo ultimo film e all’interpretazione di una bravissima attrice australiana Margot Robbie. Il suo ricordo è ancora vivo in tutti noi, tra appassionati di cinema e chi s’imbatte per la prima volta nella sua storia. E mentre ci domandiamo il perché di tanta violenza in quella notte del 9 agosto di cinquantuno anni fa,  da fervidi ingenui vogliamo a credere che si tratti di un brutto sogno e non di una storia dannatamente reale.

Andrea Cardinale

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