EDOCULTURA: L’ARTE NEL TEMPO: REQUIEM DI GIULIO PAOLINI (2003-2004)

Materiale e collocazione: Tavola sagomata, tele preparate sagomate, stampa fotografica scontornata, asta di legno, foglio di carta da musica con iscrizioni autografe, matita nera, cornice argentata, prova di stampa arrotolata, cartella portadisegni, tavola rettangolare, contenitori portariviste, fogli da disegno e altri elementi cartacei, riga centimetrata, lampada, sedie. GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino

L’assieme composito degli elementi costitutivi di Requiem evoca un pianoforte a coda: una tavola sagomata, appoggiata su tre sedie, rappresenta la cassa armonica, mentre una tela preparata, anch’essa sagomata, funge da coperchio alzato, sorretto da un’asta. La tastiera è formata da una tavola rettangolare, posata su sei contenitori portariviste, impilati in modo sfalsato su due sedie.

La tela a forma di coperchio reca al recto un foglio di carta da musica, trafitto da una matita nera e siglato in calligrafia autografa con la firma, il titolo e la data dell’opera, mentre al verso trattiene l’immagine scontornata dell’Arianna addormentata (la riproduzione della scultura ellenistica è rovesciata rispetto all’originale). Sul piano della cassa armonica sono posate, l’una sull’altra, una prova di stampa arrotolata a cartiglio, una cornice argentata e una tela rovesciata di formato semicircolare, nonché una cartella portadisegni e alcuni fogli da disegno. Sulla “tastiera” sono liberamente accostati quattro fogli bianchi e, in posizione centrale, un foglio di carta protocollo, sul quale due cartoncini di tonalità ocra fungono da cartella aperta per un campionario di dodici carte colorate, ordinate in accurata successione (il primo foglio, visibile per intero, è dorato) e trattenute da una riga centimetrata. A breve distanza dalla tastiera, si trova una sedia, mentre un’altra sedia è capovolta a terra tra le sedute che sorreggono il pianoforte (altri fogli bianchi sono sparsi al suolo e sulla sedia rovesciata). Una lampada accesa, fissata alla tavola sagomata, illumina gli oggetti posati sulla cassa armonica.

La figura di Arianna – secondo il mito greco abbandonata dal suo amato Teseo durante il sonno – suggerisce l’intonazione metafisica di questo “pianoforte” silenzioso: gli oggetti di lavoro dell’artista sono “abbandonati” a se stessi, le loro voci tacciono (la cornice è vuota, la cartella portadisegni è chiusa, i fogli sono bianchi, la prova di stampa è arrotolata); il pianista sembra precipitosamente uscito di scena, la sua sedia è vuota. E proprio alla sua assenza è riferito il “requiem”: l’autore si è defilato dal suo ruolo deputato – ha abdicato alla sua “autorietà” – per lasciare il campo all’opera, affinché, unica protagonista, possa rivelarsi allo sguardo che a distanza e in silenzio la attende. L’autore “in esilio” accerta, semplicemente, la sua estraneità rispetto al farsi dell’opera.

Nelle parole dell’artista, il titolo, “alla lettera, è un ricordo di qualcosa che non c’è più, ma in questo caso è qualcosa che non c’è ancora o che non ci può essere… qualcosa che non riusciamo a toccare”1. Qualcosa che rimane sospeso tra il non più e il non ancora, nel silenzio di echi muti e risonanze ineffabili.

Edoardo Mastrocola

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